Al mediatore immobiliare non basta la semplice messa in relazione tra venditore e acquirente per percepire la provvigione ma è necessario che assuma un “ruolo di efficienza causale adeguata” rispetto alla conclusione dell’affare
Con sentenza del 2 febbraio 2023 n. 3165 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui requisiti che devono sussistere affinché il mediatore immobiliare possa pretendere il pagamento della provvigione dalle parti contrattuali a seguito della conclusione dell’affare.
In particolare, la pronuncia in esame ha ad oggetto una fattispecie di compravendita di un immobile così brevemente riassumibile:
- un agente immobiliare aveva ricevuto incarico da parte di un venditore per la compravendita di un immobile;
- nell’ambito della propria attività di mediazione l’agente immobiliare aveva accompagnato, tra gli altri, un potenziale acquirente in una prima visita dell’immobile, senza tuttavia concludere alcun affare;
- una volta cessato il predetto incarico, il venditore si era rivolto ad un secondo agente immobiliare e, per effetto dell’intervento di quest’ultimo, era poi avvenuta la conclusione dell’affare tra il venditore e un soggetto diverso dal potenziale acquirente ma legato a quest’ultimo mediante un rapporto di parentela (in particolare, l’immobile era stato acquistato dalla figlia del potenziale acquirente, la quale si era limitata ad accompagnare la madre durante la prima visita).
A fronte di ciò la prima agenzia immobiliare, venuta a conoscenza dell’avvenuta vendita dell’immobile, aveva citato in giudizio il venditore e l’acquirente dinanzi al Tribunale di Bologna e aveva richiesto, tra l’altro, la condanna di questi ultimi al pagamento del compenso per l’attività di mediazione svolta.
Venditore e acquirente si erano quindi costituiti in giudizio per eccepire l’insussistenza del diritto alla provvigione e chiedere il rigetto delle domande avversarie. In particolare, i medesimi avevano sostenuto che l’agenzia immobiliare non avrebbe avuto diritto al pagamento della provvigione in quanto quest’ultima si sarebbe limitata ad accompagnare il potenziale acquirente in una prima visita e l’affare si sarebbe poi concluso esclusivamente per effetto dell’intervento della seconda agenzia immobiliare, alla quale era stata per l’appunto corrisposta una provvigione da parte dell’acquirente. Ed infatti la seconda agenzia immobiliare, chiamata poi in causa dall’acquirente, aveva confermato di avere messo in contatto il venditore e l’acquirente ai fini della conclusione dell’affare.
Il Tribunale di Bologna, prima, e la Corte di Appello di Bologna, poi, avevano rigettato le richieste dell’attrice e quest’ultima aveva poi proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul tema, ha cassato con rinvio la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna e ha enunciato il seguente principio di diritto: “al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1 c.c., è necessario che la conclusione dell’affare sia effetto causato adeguatamente dal suo intervento, senza che il mettere in relazione delle parti tra di loro ad opera del mediatore sia sufficiente di per sé a conferire all’intervento di questi il carattere di adeguatezza, né che l’intervento di un secondo mediatore sia sufficiente di per sé a privare ex post l’opera del primo mediatore di tale qualità di adeguatezza”.
Più nello specifico, la Suprema Corte ha anzitutto rammentato che:
- da un lato, l’art. 1754 c.c. prevede che “è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”;
- dall’altro lato, l’art. 1755, comma 1, c.c. prevede che “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Ed invero, già da un’interpretazione letterale di tali disposizioni emerge che, posto che il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione dell’affare, tale messa in relazione non è sufficiente per riconoscere al medesimo il diritto alla provvigione, in quanto tale diritto sorge soltanto laddove l’affare si sia concluso per effetto dell’intervento del mediatore. Ai fini del riconoscimento della provvigione, quindi, la Corte di Cassazione ha precisato che l’intervento del mediatore deve avere “causato adeguatamente” la conclusione dell’affare.
Nel caso in esame, quindi, la Corte di Cassazione ha ritenuto insufficiente la mera messa in relazione di venditore e acquirente e, in particolare, ha escluso il diritto per il mediatore immobiliare ad ottenere la provvigione anche in virtù delle seguenti circostanze:
- la parte interessata all’acquisto, che era stata messa in relazione con il venditore dalla prima agenzia immobiliare in esecuzione dell’incarico ricevuto da quest’ultimo, era un soggetto diverso da chi ha poi in concreto acquistato l’immobile;
- l’affare si è concluso dopo un lasso di tempo significativo dalla scadenza dell’incarico conferito al primo mediatore;
- il venditore si era rivolto ad un secondo mediatore, la cui opera – autonoma rispetto a quella del primo – aveva assunto un ruolo di “efficienza causale adeguata” rispetto alla conclusione dell’affare.