Clausole vessatorie nei contratti del consumatore e provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: il caso “iCloud” di Apple
L’avvocato Rocco Chinnici, esperto in materia, analizza la recente sentenza n. 1125 del 2025 del Consiglio di Stato sul caso iCloud di Apple.
Premessa
Con la sentenza n. 1125 del 2025, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla legittimità di alcune clausole contrattuali contenute nelle condizioni generali del servizio iCloud offerto da Apple.
La sentenza fornisce spunti di riflessione su due aspetti centrali: da un lato, il perimetro della legittimità delle clausole che attribuiscono al professionista un potere unilaterale di modifica del contratto; dall’altro, il livello di tutela richiesto per evitare che limitazioni di responsabilità e garanzie possano pregiudicare in modo eccessivo i diritti degli utenti.
La controversia
Il caso trae origine da un provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accertato la vessatorietà di specifiche clausole contenute nelle condizioni contrattuali del servizio iCloud di Apple. In particolare, le clausole contestate riguardavano:
- la facoltà di Apple di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali del servizio;
- la limitazione delle responsabilità relative al servizio di backup;
- le esclusioni di garanzia contrattuali.
In particolare, l’AGCM ha ritenuto che tali clausole creassero uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti, a svantaggio dei consumatori, violando l’art. 33 del Codice del Consumo. Per questo motivo, ha imposto ad Apple l’obbligo di pubblicare estratti del provvedimento al fine di garantire un’adeguata informazione agli utenti.
Apple ha impugnato il provvedimento dinanzi al T.A.R. Lazio, sostenendo che:
- la natura gratuita del servizio iCloud nella sua versione base (fino a 5GB di archiviazione) avrebbe dovuto escludere l’applicazione della disciplina consumeristica sulla vessatorietà delle clausole;
- il diritto di modifica unilaterale sarebbe giustificato dalla natura tecnologica del servizio, che richiede aggiornamenti continui;
- le limitazioni di responsabilità sarebbero coerenti con la normativa, prevedendo comunque forme di tutela per il consumatore.
Il T.A.R. Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo che le clausole impugnate fossero effettivamente vessatorie e che la gratuità del servizio non escludesse di per sé l’applicabilità delle norme del Codice del Consumo.
Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sul tema, ha respinto l’appello di Apple e ha affermato, per quanto qui di interesse, che “nonostante la gratuità del servizio offerto, la vessatorietà della clausola che consenta al professionista di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, senza giustificato motivo indicato nel contratto, ex art. 33 comma 2 lett. m) del d.lgs. n. 206 del 2005, è ravvisabile laddove, per un verso, la prestazione offerta a titolo gratuito sia giustificata da un interesse giuridicamente apprezzabile e a matrice imprenditoriale (quale ad esempio la fidelizzazione del cliente) e, per altro verso, sussista un interesse parimenti apprezzabile del consumatore a conservare un determinato regime giuridico che impatta su un servizio di sua utilità”.
Nel giungere a questa conclusione, il Consiglio di Stato ha evidenziato quanto segue:
- modifiche unilaterali: la clausola che consente ad Apple di modificare unilateralmente il contratto, senza giustificato motivo indicato nel contratto stesso, è vessatoria ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. m) del Codice del Consumo. Anche per un servizio gratuito, sussiste l’interesse del consumatore a mantenere la stabilità delle condizioni contrattuali;
- limitazioni di responsabilità: la clausola che limita la responsabilità di Apple per il servizio di backup e per eventuali perdite di dati crea un’area di sostanziale impunità per l’azienda e compromette i diritti del consumatore;
- esclusioni di garanzia: la genericità delle limitazioni di responsabilità, non bilanciate da un’adeguata informazione al consumatore, le rende vessatorie.
Riflessioni conclusive
La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma del ruolo dell’AGCM nella tutela del consumatore, riaffermando la necessità che i contratti di adesione garantiscano trasparenza ed equilibrio tra le parti.
L’intervento dell’AGCM e la conferma della sua decisione da parte della giurisprudenza amministrativa ribadiscono che le imprese devono predisporre condizioni generali di contratto che rispettino i principi di buona fede, correttezza e trasparenza. Da ciò consegue che qualsiasi potere di modifica unilaterale deve essere adeguatamente giustificato e prevedere garanzie reali per il consumatore, mentre le limitazioni di responsabilità devono essere chiaramente definite ed evitare di porre il consumatore in una posizione di svantaggio ingiustificato.
Più in generale, la sentenza si inserisce nel processo di consolidamento della disciplina delle clausole vessatorie nei contratti digitali, in linea con gli sviluppi normativi europei e con la crescente attenzione alla tutela del consumatore nelle piattaforme e nei servizi online. L’equilibrio tra libertà contrattuale e protezione del contraente debole resta un tema centrale nell’evoluzione del diritto dei consumi, con implicazioni rilevanti sia per gli operatori del settore tecnologico sia per le Autorità di vigilanza.