Il mediatore immobiliare ha diritto alla provvigione solo se il suo intervento è determinante ai fini della conclusione dell’affare
In materia di compravendita immobiliare sono frequenti le situazioni in cui i mediatori incaricati, nonostante l’attività svolta su impulso dei venditori o acquirenti coinvolti e l’avvenuta conclusione dell’affare, ricevono il rifiuto delle parti a corrispondere la provvigione concordata.
A fronte di fattispecie di tal genere, la giurisprudenza si è più volte pronunciata per fare chiarezza sui presupposti affinché sorga in concreto in capo al mediatore il diritto a percepire la provvigione prevista dall’art. 1755 del codice civile e, in tale contesto, si inserisce la recente sentenza n. 30 del 5 gennaio 2022 del Tribunale di Milano, consultabile qui in versione integrale.
In particolare, la pronuncia in esame ha ad oggetto una compravendita immobiliare risalente al 2017 nell’ambito della quale la parte venditrice aveva incaricato un mediatore al fine di reperire un acquirente per il proprio immobile sito in Milano.
Più nel dettaglio, a seguito di una prima visita avvenuta a fine novembre 2016 con un potenziale acquirente, quest’ultimo, interessato all’immobile, aveva trasmesso al mediatore una proposta di acquisto con indicazione della relativa provvigione concordata e aveva chiesto al medesimo di organizzare una seconda visita in presenza della propria consorte. Senonché, a inizio dicembre 2016, il mediatore aveva comunicato al potenziale acquirente – tra l’altro – che la sua offerta si sarebbe discostata eccessivamente da quanto richiesto dalla parte venditrice e, per tale ragione, il medesimo si era rifiutato di organizzare una seconda visita e aveva scoraggiato la prosecuzione delle trattative.
Preso atto di tale posizione del mediatore, il potenziale acquirente aveva proseguito in modo autonomo le trattative e aveva preso contatto con parte venditrice al fine di trovare una soluzione commerciale per la conclusione dell’affare.
Le parti avevano quindi raggiunto in autonomia un’intesa di massima e stipulato dapprima il contratto preliminare a settembre 2017 e poi il contratto definitivo di compravendita dell’immobile a novembre 2017.
Successivamente il mediatore originariamente incaricato – venuto a conoscenza della conclusione dell’affare e ritenendo così essere sorto il proprio diritto alla provvigione – aveva agito giudizialmente anzitutto nei confronti di parte acquirente per il pagamento di quanto asseritamente dovuto.
A fronte di tali circostanze, a definizione del giudizio di primo grado il Tribunale di Milano ha escluso il diritto del mediatore a percepire la provvigione concordata e quindi rigettato ogni relativa pretesa avanzata dal medesimo in causa.
Al riguardo, nel caso in esame il Tribunale ha anzitutto ricordato i principi pacifici per cui, da un lato, il diritto del mediatore alla provvigione sorge solo quando l’affare è concluso per effetto del suo intervento e, dall’altro lato, è onere del mediatore provare in giudizio la sussistenza del nesso causale tra l’attività di mediazione svolta e la medesima conclusione dell’affare.
Ebbene, alla stregua dei fatti sopra riepilogati, il Tribunale di Milano ha escluso la rilevanza dell’intervento del mediatore ai fini della conclusione del contratto di compravendita in ragione:
- dell’esiguità dell’intervento del mediatore, in quanto l’attività di quest’ultimo si era esaurita nell’avere accompagnato parte acquirente solo in occasione della prima visita dell’immobile;
- del lasso di tempo intercorso tra l’ultimo contatto tra il mediatore e il potenziale acquirente e la stipula prima del contratto preliminare e poi del contratto definitivo, rispettivamente di circa dieci mesi per la prima e di circa un anno per la seconda;
- della complessità della trattativa svolta in autonomia dalle parti per giungere alla conclusione dell’affare.
Il Tribunale di Milano si è quindi conformato al costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “non sussiste alcun diritto alla provvigione in capo al mediatore quando una prima fase delle trattative avviate con l’intervento di quest’ultimo non dia risultato positivo e possa affermarsi che la conclusione dell’affare cui le parti sono successivamente prevenute è indipendente dall’intervento del mediatore che le abbia poste originariamente in contatto, ove la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, sicché possa escludersi la rilevanza dell’originario intervento del mediatore”[1] e ha respinto la pretesa avanzata in giudizio dal mediatore.
[1] Cfr. Cassazione civile, III sezione, 22 gennaio 2015, n. 1120.