La clausola risolutiva espressa è invalida se le parti non indicano in modo specifico le obbligazioni da non violare a pena di scioglimento immediato del rapporto
I. – Premessa
Con l’ordinanza n. 23879/2021 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulle caratteristiche che deve rivestire una clausola risolutiva espressa e, in particolare, sul grado di specificità con cui devono essere individuate nella medesima clausola le obbligazioni da non violare a pena di risoluzione automatica del contratto[1].
Tale pronuncia ci fornisce l’occasione per inquadrare brevemente i tratti essenziali di tale istituto giuridico e per condividere alcuni spunti di riflessione a vantaggio sia delle parti che si trovano ad esercitare una clausola risolutiva espressa e determinare così l’interruzione immediata del vincolo, sia delle parti che intendono opporsi a tale esercizio e salvaguardare quindi il rapporto contrattuale
II. – Il caso e la pronuncia della Corte di Cassazione
Preliminarmente, anche al fine di comprendere appieno il funzionamento della clausola risolutiva espressa, è opportuno riassumere qui in breve i fatti principali della pronuncia della Suprema Corte.
Nel giudizio di primo grado, l’attrice aveva citato una nota federazione sportiva dinanzi al Tribunale di Roma per chiedere di accertare l’illegittimità del recesso esercitato da quest’ultima in forza del contratto concluso per l’organizzazione dei giri ciclistici per il quadriennio 2001-2004. L’illegittimità, a dire dell’attrice, sarebbe derivata dalla invalidità della clausola risolutiva espressa in quanto la stessa si sarebbe riferita in modo generico alla violazione di tutte le obbligazioni previste nel contratto non individuate in modo specifico. La domanda dell’attrice veniva però rigettata dal Tribunale di Roma, il quale aveva riconosciuto la validità e la conseguente operatività della clausola risolutiva espressa.
La sentenza del Tribunale di Roma veniva confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma e da ultimo, a fronte del successivo ricorso proposto in Cassazione dalla soccombente, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, ribadendo il seguente principio di diritto: “le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, costituendo una clausola di stile quella redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto”.
III. – Requisiti di validità della clausola risolutiva espressa
Come noto la clausola risolutiva espressa è un patto mediante il quale le parti stabiliscono – in fase di redazione contrattuale – che in caso di violazione di uno o più determinati obblighi la parte interessata possa comunicare lo scioglimento immediato del rapporto. In particolare, l’articolo 1456 del codice civile prevede che “i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva”.
La funzione di tale istituto è quella di fornire alle parti uno strumento rapido a propria tutela nell’ipotesi di inadempimento di una o più obbligazioni preventivamente individuate di comune accordo. Infatti: (i) da un lato, sono le stesse parti a definire già in fase di predisposizione del contratto quando l’inadempimento di una o più obbligazioni sia da considerarsi sufficientemente grave da determinare lo scioglimento immediato del rapporto contrattuale; (ii) dall’altro lato, lo scioglimento del vincolo contrattuale avviene con modalità semplificate rispetto a quelle ordinarie, in quanto avviene in automatico per effetto della sola comunicazione della parte interessata, senza necessità di ottenere una pronuncia giudiziale sul punto.
In quest’ottica, la stipulazione di una clausola risolutiva espressa all’interno di un contratto assolve anche una funzione pratica e di deterrente, in quanto la parte che è tenuta ad eseguire l’obbligazione dedotta nella clausola proverà ad evitare di rendersi inadempiente per non incorrere nell’indesiderato effetto dello scioglimento immediato del vincolo contrattuale, con il rischio di dovere peraltro risarcire l’altra parte per i danni subiti quale conseguenza di tale circostanza.
Affinché si possa ricorrere a tale strumento contrattuale, tuttavia, è necessario rispettare alcuni limiti operativi imposti dall’ordinamento giuridico e dalla giurisprudenza. Tra essi, la predetta sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda in particolare quello per cui è necessario che le parti individuino in modo specifico le singole obbligazioni contrattuali che, in caso di violazione, possono condurre alla risoluzione automatica del contratto.
IV. – Conclusioni
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha quindi ribadito un principio ormai da tempo consolidato in giurisprudenza, alla luce del quale è invalida la clausola risolutiva espressa in mancanza di specifica indicazione delle obbligazioni contrattuali cui è riferita, essendo invece necessaria la specifica e puntuale indicazione degli obblighi la cui violazione è assunta come presupposto per lo scioglimento immediato del vincolo contrattuale.
Da ciò ne segue che nella fase di redazione di un contratto è importante individuare con attenzione il contenuto della clausola risolutiva espressa ed in particolare le circostanze da cui possa dipendere lo scioglimento immediato del rapporto. Le parti devono infatti necessariamente indicare in modo specifico le obbligazioni dalla cui violazione intendono far discendere la risoluzione automatica del contratto e non limitarsi ad un generico rinvio a tutte le obbligazioni previste nel medesimo contratto cui la clausola è apposta, perché questo comporterebbe l’invalidità della clausola stessa e impedirebbe il dispiegarsi degli effetti per cui la medesima è predisposta.
La clausola risolutiva espressa è in quest’ottica uno strumento utile per le parti che intendono stabilire già in fase di predisposizione del contratto quali violazioni sono talmente gravi da far venir meno l’interesse alla prosecuzione del rapporto contrattuale, riducendo notevolmente i tempi ed i relativi costi che sarebbero necessari per un accertamento giudiziale. In ragione di ciò, è senz’altro interesse delle parti essere consapevoli del grado di specificità che è necessario rispettare nella redazione della clausola risolutiva espressa. In questo modo, da un lato, la parte nel cui interesse è apposta, dovrà stare attenta a individuare in modo specifico le singole obbligazioni contrattuali la cui violazione le consentirà di risolvere automaticamente il contratto e, dall’altro lato, l’altra parte che ha invece interesse alla prosecuzione del rapporto contrattuale potrà contestarne la validità laddove non venga rispettato il predetto grado di specificità.
[1] Cfr. Cassazione civile, II sezione, 3 settembre 2021, n. 23879.