La Corte di Giustizia UE e il contrasto tra diritto europeo e italiano sul ruolo delle entità di gestione indipendenti
La storia della gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi in Italia è stata recentemente oggetto di rilevanti cambiamenti, soprattutto a seguito del recepimento nell’ordinamento nazionale della Direttiva 2014/26/UE (c.d. “Barnier”), che ha comportato tra l’altro una liberalizzazione dell’attività di gestione collettiva trai diversi Stati Membri. Lo strumento principale attraverso il quale è stato effettuato il recepimento in Italia è stato il D. Lgs. n. 35/2017, che ha comportato rilevanti modifiche alla Legge n. 633/1941 (Legge sul Diritto d’Autore – L.d.a.).
Sul panorama italiano, tale liberalizzazione è stata di particolare rilievo in quanto l’attività di gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi fino ad allora era stata dalla legge riservata esclusivamente (salvo alcune limitazioni) alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).
Tale monopolio, sancito dall’art. 180 L.d.a., che tuttora disciplina la gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi, consisteva nella gestione esclusiva:
- dei diritti di rappresentazione, esecuzione, recitazione, radiodiffusione, compresa la comunicazione al pubblico via satellite e la produzione meccanica e cinematografica delle opere protette;
- dei diritti degli autori italiani o stranieri residenti in Italia, rappresentati dalla SIAE, e delle opere pubblicate per la prima volta in Italia.
A seguito della riforma, non solo la SIAE, ma anche tutti gli altri organismi di gestione collettiva (OGC), anche aventi sede in altri Stati Membri dell’Unione Europea, possono svolgere sul territorio italiano la stessa attività una volta oggetto di monopolio legale della SIAE.
Tuttavia, in realtà la Direttiva aveva introdotto una differenziazione tra due tipi di soggetti intermediari, affiancando ai già esistenti OGC le c.d. “entità di gestione indipendenti” (EGI). I requisiti caratterizzanti le OGC, come trasposti nel D. Lgs. 35/2017, sono, alternativamente o congiuntamente:
- essere di proprietà dei titolari dei diritti che ne fanno parte; e
- essere organizzate senza scopo di lucro.
Viceversa, i requisiti per qualificarsi come EGI sono, congiuntamente:
- lo scopo di lucro; e
- non essere di proprietà o controllata dai titolari dei diritti, il che, potenzialmente, potrebbe implicare il controllo da parte dei partecipanti al capitale dell’ente o, in ogni caso, di soggetti totalmente estranei ai titolari dei diritti.
Con particolare riguardo al recepimento italiano della Direttiva, come noto, il Decreto in un primo momento non ha modificato l’articolo 180 L.d.a., per cui non sono stati fatti passi avanti verso la liberalizzazione prevista dalla Direttiva e non è stato intaccato il monopolio della SIAE. Naturalmente, questo ha portato a molte critiche circa la non conformità della legge italiana a quanto richiesto dal diritto unionale. Per questo motivo, il legislatore italiano ha emanato un ulteriore emendamento alla Legge sul diritto d’autore, stabilendo la possibilità per altri OGC di svolgere l’attività che fino a quel momento era stata svolta in monopolio legale dalla SIAE. Pertanto, a oggi, l’art. 180, c. 1, L.d.a. recita: “L’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti […], è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35.”
Inoltre, nel recepire la predetta Direttiva Barnier, il D. Lgs. 35/2017 ha previsto, all’art. 4, che i titolari dei diritti possono scegliere da quale OGC o EGI farsi rappresentare, a prescindere dallo Stato Membro in cui si trovano rispettivamente l’OGC, l’EGI e il titolare dei diritti. Tuttavia, tale norma precisa altresì che resta salvo quanto disposto dall’art. 180 L.d.a. e, come visto, quest’ultima norma menziona esclusivamente gli OGC, ignorando del tutto le EGI. L’effetto che consegue al combinato disposto dell’art. 4 del Decreto di recepimento e dell’art. 180 L.d.a. è l’impossibilità per le EGI di operare sul territorio italiano, a prescindere dal fatto che esse abbiano sede in Italia o all’estero.
Dato il quadro sopra esposto, il 21 marzo 2024 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha pronunciato una sentenza nella causa C-10/22, avente a oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale da parte del Tribunale di Roma nel procedimento tra Liberi Autori ed Editori (LEA) e Jamendo SA. La prima è un OGC di diritto italiano, mentre la seconda è una EGI di diritto lussemburghese operante in Italia dal 2004. La LEA aveva richiesto al Tribunale ordinario di Roma di inibire l’attività di intermediazione in materia di diritti d’autore svolta da Jamendo in Italia, in quanto la società lussemburghese non possedeva i requisiti richiesti dalla legge italiana a tal fine, quali, per esempio, l’iscrizione nell’apposito elenco degli organismi legittimati e la mancata notifica al Ministero delle Telecomunicazioni dell’avvio dell’attività, non avendo quindi adempiuto, sostanzialmente, agli obblighi cui i soggetti di intermediazione legittimamente operanti in Italia sono generalmente soggetti.
In risposta, Jamendo ha eccepito l’errata trasposizione della Direttiva Barnier da parte dello Stato italiano, portando il giudice romano a domandare alla CGUE se la medesima Direttiva osti a una legge nazionale che riservi l’accesso al mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore e connessi solo ai soggetti qualificabili come OGC.
Nell’esprimersi sulla questione sollevata dal giudice italiano, la Corte ha dapprima cercato di determinare se la materia dell’intermediazione dei diritti d’autore e connessi sia esaustivamente armonizzata dal diritto europeo. Dopo aver escluso l’applicabilità della Direttiva 2000/31 e della Direttiva 2006/123 a tale materia, la Corte ha osservato che neanche la Direttiva Barnier disciplina compiutamente le EGI e quindi di per sé non osta acché uno Stato Membro ne impedisca del tutto l’operatività. A tal proposito, infatti, si deve ricordare che nelle materie in cui l’UE non è intervenuta con un’esaustiva armonizzazione, gli Stati Membri sono autorizzati a sopperire con la propria attività normativa, sicché, nella sentenza in esame, dapprima la Corte ha riconosciuto, potenzialmente, la discrezionalità degli Stati medesimi nell’escludere le EGI dal mercato nazionale dei servizi di intermediazione. Tuttavia, tale discrezionalità incontra un limite nel dovere di conformità al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e alle relative norme sulle libertà fondamentali. In particolare, l’art. 56 TFUE osta a ogni norma nazionale che sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libera prestazione dei servizi garantita da tale articolo del TFUE, a meno che non sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale, o sia idonea a garantire il conseguimento di un obiettivo di interesse pubblico e non vada oltre quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.
La CGUE fa poi riferimento alla propria precedente giurisprudenza per stabilire quando la limitazione alla libertà di prestazione di servizi che riguardi strettamente il mercato dell’intermediazione nella gestione dei diritti d’autore e connessi può trovare giustificazione. In particolare, viene in rilievo la sentenza relativa alla causa C‑351/12, OSA — Ochranný svaz autorský pro práva k dílům hudebním o.s. v Léčebné lázně Mariánské Lázně a.s. (che in parte reiterava quanto affermato nella decisione relativa alla causa C-395/87, Ministère public v Jean-Louis Tournier), in relazione alla quale la Corte aveva stabilito che, con specifico riguardo alla gestione dei diritti d’autore, in alcuni casi (soprattutto nei mercati offline), per svolgere efficacemente tale attività è necessaria una struttura con una forte presenza territoriale. Pertanto, in questi casi, un monopolio legale di un solo soggetto collettivo è l’opzione più efficiente per la protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi, nonché per la promozione della cultura attraverso la diffusione di opere creative, ed è quindi giustificato ai fini antitrust da interessi pubblici. Per rimanere giustificate, come detto, le restrizioni devono essere mantenute entro i limiti di quanto necessario per raggiungere lo stesso obiettivo, che devono perseguire in modo coerente e sistematico.
Quest’ultimo punto, relativo all’ammissibilità delle sole restrizioni che rispettino un principio di “continenza” rispetto a quanto necessario per perseguire un obiettivo, risulta essere il punto focale della decisione in esame. Infatti, la Corte osserva che, come menzionato supra, gli OGC sono soggetti a molti più adempimenti e obblighi rispetto alle EGI, le quali non trovano compiuta disciplina neanche nella Direttiva 2014/26. Per esempio, infatti, a differenza delle EGI, gli OGC sono soggetti all’obbligo di: rilasciare licenze sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, riconoscere ai titolari dei diritti remunerazioni adeguate all’utilizzo delle loro opere effettuato dagli utenti e applicare a questi ultimi tariffe parametrate all’utilizzo effettuato (laddove invece le EGI possono applicare le tariffe che desiderano), rispondere agli utenti senza indebito ritardo e a non rifiutare (se non giustificatamente) la gestione dei diritti dei titolari che ne facciano richiesta. Sulla base di tali argomenti, la CGUE ha concluso che l’esclusione delle EGI dal mercato italiano potrebbe effettivamente essere giustificata dall’esigenza della miglior tutela e della miglior gestione dei diritti d’autore e connessi, non essendo tali entità né compiutamente disciplinate dal diritto europeo, né soggette a determinati obblighi che ne regolamenterebbero l’operato nell’interesse dei titolari dei diritti e degli utilizzatori.
Premesso quanto sopra, bisogna però ricordare che l’applicazione dell’art. 56 TFUE richiede che un’eventuale limitazione alle libertà fondamentali in ragione di un interesse generale deve essere limitata a quanto basta per raggiungere tale obiettivo in maniera coerente e sistematica. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che una simile proporzionalità tra limitazioni alla libera prestazione dei servizi a prescindere dai confini degli Stati Membri e protezione del diritto d’autore non è ravvisabile, in quanto la normativa italiana esclude in modo assoluto e generale l’operatività delle EGI nel mercato italiano, laddove avrebbe potuto permetterla, subordinandola però a precisi obblighi, simili a quelli cui sono soggetti gli OGC.
Dato un simile contesto, secondo la Corte, si dovrà concludere che la limitazione di cui alla disciplina italiana sul diritto d’autore, nella misura in cui esclude completamente le EGI dal mercato di intermediazione dei diritti d’autore e connessi, è in contrasto con il combinato disposto dell’art. 56 TFUE e della Direttiva 2014/26 in quanto esorbita da quanto strettamente necessario al conseguimento degli obiettivi di tutela del diritto d’autore cui è preposta.
In conclusione, la CGUE ha sì ritenuto che sussista un contrasto tra la normativa italiana e quella unionale, ma non sulla base delle sole norme dedotte dal giudice nazionale nella questione oggetto di rinvio (cioè quelle della Direttiva Barnier), dunque non solo sulla base del fatto che una parte della Direttiva non è stata recepita dalla normativa italiana. Piuttosto, la Corte europea è giunta a tale conclusione sulla base del fatto che tale esclusione tout court delle EGI dalla legge italiana costituisce una limitazione eccessiva (e non sufficientemente giustificata) della libertà di circolazione dei servizi sancita dall’art. 56 TFUE, che si sarebbe potuta evitare.
È bene precisare, in ogni caso, che il ragionamento svolto dalla Corte si è concentrato sulle sole EGI aventi sede in Stati Membri diversi dall’Italia (come detto, l’art. 56 TFUE disciplina la libera circolazione dei servizi tra gli Stati Membri, quindi sul piano transnazionale), restando dallo stesso escluse quelle aventi sede in Italia.