Per richiedere l’oscuramento dei propri dati identificativi contenuti in un provvedimento giudiziario devono sussistere “motivi legittimi”
I. – Premessa.
Con l’ordinanza n. 22561 del 10 agosto 2021[1] la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del trattamento dei dati identificativi contenuti nei provvedimenti giudiziari e sui presupposti che devono sussistere affinché i soggetti interessati possano chiederne il relativo oscuramento.
Tale pronuncia, in linea con l’orientamento già espresso sempre di recente dalla medesima Corte[2], consente quindi di ripercorrere i tratti principali dell’istituto in esame e in particolare dei limiti operativi al trattamento dei dati da parte degli organi giudiziari o degli eventuali terzi che divulghino a loro volta copie di provvedimenti giudiziari, nonché delle relative tutele in favore dei soggetti interessati.
II. – Il caso.
Preliminarmente, anche al fine di comprendere appieno la pronuncia della Suprema Corte, appare opportuno riepilogare i fatti essenziali del caso in esame.
La vicenda aveva ad oggetto l’acquisto da parte di due soggetti privati di una porzione di fabbricato con rogito notarile, acquisto in relazione al quale l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate di Padova aveva notificato un avviso di liquidazione per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale.
Tale avviso di liquidazione veniva impugnato con esito favorevole dal notaio che aveva predisposto l’atto di compravendita e dai due contribuenti. Il relativo provvedimento giudiziario, tuttavia, veniva poi riformato in secondo grado all’esito dell’appello successivamente proposto dal predetto ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate.
Avverso la sentenza di appello avevano infine proposto ricorso per cassazione il notaio ed i medesimi contribuenti, formulando contestualmente istanza per l’omissione dei propri dati identificativi nel caso di comunicazione del provvedimento a terzi ai sensi dell’articolo 52, comma 1, del Codice Privacy.
III. – La pronuncia della Corte di Cassazione.
Nell’ordinanza in esame la Corte – per quanto qui di interesse – ha riepilogato i tratti essenziali della normativa in materia di oscuramento dei dati identificativi degli interessati contenuti nei provvedimenti giudiziari e ha evidenziato le regole ed i limiti operativi sia in relazione al relativo trattamento che alle tutele previste in favore dei soggetti coinvolti.
In particolare, la Suprema Corte ha anzitutto precisato che:
- l’articolo 52 del Codice Privacy prevede che il soggetto interessato “può chiedere per motivi legittimi, con istanza depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede, e prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento”;
- l’istanza di oscuramento “deve essere specificamente proposta e anche essere sostenuta dalla indicazione dei motivi legittimi che la giustificano, motivi che la parte deve specificare”;
- a fronte della medesima istanza e del relativo onere di indicazione dei motivi legittimi, incombe sull’organo giudiziario “il potere dovere (…) di vagliarne la legittimità, da intendersi in questo senso come meritevolezza delle ragioni addotte e non semplicemente come conformità della richiesta ad una facoltà prevista dalla legge, diversamente l’onere di indicazione dei motivi non avrebbe alcuna ragione d’essere”.
La Corte di Cassazione ha poi chiarito come la predetta norma del Codice Privacy “non specifica quali sono i motivi legittimi che giustificano la richiesta e quindi si tratta di una di quelle clausole generali che devono essere interpretate in conformità ai principi fondamentali dell’ordinamento, operando un bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica”. Al riguardo, occorre fare riferimento – tra le altre – “alle linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica, pubblicate sulla G.U. n. 2 del 4 gennaio 2011, ove al punto 3, si indicano come motivi legittimi la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (come nel caso di dati sensibili) ovvero la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio[3]”.
Sulla base di tali premesse, la Corte di Cassazione ha quindi rigettato l’istanza dei ricorrenti anzitutto in quanto priva dell’indicazione dei motivi legittimi per l’oscuramento e in ogni caso perché la fattispecie in esame non conteneva alcun dato sensibile, né si trattava di materia particolarmente delicata come ad esempio quelle che incidono sui diritti personalissimi; né, infine, nella specie erano in discussione l’onere e la reputazione delle parti, le quali non avevano tenuto un comportamento elusivo, bensì si erano limitate a dissentire dall’interpretazione espressa dall’erario ad una norma di legge.
IV. – La richiesta di oscuramento nella normativa vigente del Codice Privacy: regole e limiti operativi.
Come anticipato, la sentenza in esame consente anzitutto di svolgere alcune brevi riflessioni in merito alla disciplina del trattamento dei dati personali nel contesto dell’informatica giuridica in ambito giudiziario.
Tale materia è in particolare disciplinata dagli articoli 51 e 52 del Codice Privacy, nelle versioni vigenti a seguito dell’entrata in vigore del GDPR e all’esito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 101/2018.
L’articolo 51 ha ad oggetto la diffusione dei provvedimenti giudiziari e prevede:
- al primo comma, che “i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet”;
- al secondo comma, “che le sentenze e le altre decisioni dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando le cautele previste dal presente capo”.
L’articolo 52, invece, disciplina i limiti relativi alla diffusione in qualsiasi forma del contenuto dei provvedimenti giudiziari.
Al riguardo è opportuno ricordare che, in generale, vige il principio della libera conoscibilità dei provvedimenti giudiziari. Come precisato dallo stesso Garante, infatti, il Codice Privacy favorisce la più ampia diffusione delle sentenze e degli altri provvedimenti delle Autorità giudiziarie per i quali sia stato assolto, mediante il deposito nelle cancellerie e nelle segreterie giudiziarie, l’onere della pubblicazione previsto dalle disposizioni dei codici di procedura civile e penale[4].
L’articolo 52, invece, nella misura in cui prevede la possibilità per i soggetti interessati di richiedere l’oscuramento dei propri dati identificativi, si pone quale norma derogatoria rispetto al predetto principio generale e pertanto si preoccupa di delineare le regole ed i limiti operativi della specifica fattispecie.
In particolare, l’iter procedurale descritto dalla norma è il seguente:
- anzitutto la richiesta può essere formulata da qualsiasi soggetto interessato, per tale intendendosi – alla luce della normativa introdotta dal GDPR – “qualsiasi persona fisica identificata o identificabile”. Al riguardo si precisa che rientrano nella nozione di soggetto interessato, non soltanto le parti di un giudizio civile o l’imputato in un processo penale, bensì anche qualsiasi altro soggetto – quale, a titolo esemplificativo, un consulente tecnico d’ufficio o un testimone – reso comunque identificabile nel provvedimento giudiziario attraverso l’indicazione delle generalità o di altri dati identificativi;
- tale richiesta deve essere rivolta nei confronti dell’ufficio procedente – ossia l’ufficio giudiziario avanti il quale si svolge il giudizio – mediante il suo deposito presso la cancelleria o la segreteria giudiziaria. Pertanto, poiché la medesima deve essere promossa in pendenza del giudizio, l’eventuale deposito tardivo – ossia in caso di avvenuta emissione del relativo provvedimento – resterebbe priva di effetto;
- l’istanza deve contenere l’esplicita richiesta che la cancelleria o la segreteria giudiziaria riportino, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione che specifichi che in caso di riproduzione o pubblicazione del provvedimento non potrà essere riportata l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del richiedente;
- l’istanza deve essere inoltre fondata su “motivi legittimi”. Al riguardo, nel silenzio della norma su tale requisito, il Garante Privacy ha in passato suggerito alcuni casi esemplificativi a fondamento dell’istanza di oscuramento, quali “la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)”[5];
- sulla richiesta formulata dall’interessato è competente a decidere l’Autorità giudiziaria presso cui pende il giudizio e che deve quindi emettere il relativo provvedimento. Tale processo decisionale è privo di particolari formalità e la decisione – che assume la forma di un decreto apposto sull’originale del provvedimento – viene adottata in tempi ristretti;
- la medesima Autorità giudiziaria può anche disporre d’ufficio che sia apposta l’annotazione di oscuramento, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati. Al riguardo, come sempre precisato in passato dal Garante Privacy, è attribuita all’Autorità giudiziaria una specifica responsabilità nell’attenta valutazione dell’opportunità dell’anonimizzazione dei provvedimenti e tale responsabilità è fortemente accentuata nei casi in cui vengono in rilievo i dati rientranti nelle categorie particolari di cui all’art. 9 del GDPR. Spetta quindi all’Autorità giudiziaria farsi carico, prima della definizione di ogni giudizio, valutare attentamente tale profilo, nella prospettiva di un’efficace tutela dei diritti e della dignità delle persone coinvolte;
- in caso di accoglimento della richiesta, è compito della cancelleria o della segreteria giudiziaria darvi esecuzione, apponendo sull’originale del provvedimento, all’atto del deposito da parte del giudice, anche con un timbro, un’annotazione che riporti l’indicazione dell’articolo 52 del Codice Privacy ed il seguente inciso: “In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di …”.
La portata della norma in esame si estende anche a qualunque altro soggetto che abbia intenzione di diffondere i provvedimenti dell’Autorità giudiziaria su cui sia stata apposta l’annotazione. In caso di accoglimento della predetta istanza di oscuramento, quindi, è prescritto anche a questi ultimi di omettere l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dei soggetti interessati contenuti nei medesimi provvedimenti.
L’articolo 52 estende inoltre l’iter procedurale sopra descritto a tutti i casi di “deposito del lodo ai sensi dell’articolo 825 del codice di procedura civile”, con conseguente applicazione anche a tale tipologia pronuncia della procedura di anonimizzazione dei provvedimenti, con le relative regole relative alla presentazione della richiesta dell’interessato, alla decisione degli arbitri, alla possibilità per questi ultimi di procedere anche d’ufficio, all’apposizione dell’annotazione nonché al divieto di diffusione e alla disposizione relativa a minori e parti di procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
V. – I rimedi esperibili in caso di mancato oscuramento.
Resta a questo punto da chiedersi quali siano in astratto i rimedi esperibili per i soggetti interessati (i) qualora sia illecitamente diffusa una pronuncia sottoposta in via obbligatoria all’oscuramento o (ii) in relazione alla quale il giudice non abbia provveduto sulla richiesta di oscuramento.
Il primo rimedio sarebbe quello di trasmettere una diffida nei confronti dell’amministrazione competente, e in particolare al responsabile del relativo sito istituzionale, per richiedere di interrompere la divulgazione dei dati oggetto di oscuramento obbligatorio attraverso la pubblicazione in rete.
Il secondo rimedio si sostanzierebbe invece in un’istanza rivolta al giudice che ha emesso il provvedimento al fine di richiedere ex post l’oscuramento dei dati personali o ad ottenere una pronuncia sulla richiesta previamente depositata e non delibata.
Oltre a tali rimedi, resta infine sempre percorribile per la parte interessata la tutela risarcitoria, azionabile avanti l’Autorità giudiziaria ordinaria avverso l’amministrazione di riferimento o comunque qualunque terzo che abbia illecitamente pubblicato il provvedimento giudiziario senza procedere con l’oscuramento prescritto. Ciò in ottemperanza al principio secondo cui costituisce fatto illecito la diffusione, anche a meri scopi di informazione giuridica, di pronunce giurisdizionali in via integrale laddove sia imposto – per legge o per annotazione del giudice – il relativo oscuramento.
[1] Cfr. Cass., 10 agosto 2021, n. 22561: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20210810/snciv@s50@a2021@n22561@tO.clean.pdf
[2] Cfr. Cass., 7 agosto 2020, n. 16807: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20200807/snciv@s50@a2020@n16807@tO.clean.pdf
[3] Cfr. Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica del 2 dicembre 2010: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1774813
[4] Cfr. Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica del 2 dicembre 2010: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1774813
[5] Cfr. Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica del 2 dicembre 2010: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1774813