Regolamento Equo Compenso
Più di un anno fa ormai, e più precisamente il 19 gennaio 2023, veniva approvato il regolamento dell’equo compenso (“Regolamento”) emesso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“AGCOM”). Il Regolamento costituiva la risposta dell’AGCOM alla richiesta del legislatore di stabilire dei criteri da tenere in considerazione nell’individuazione dell’equo compenso che deve essere riconosciuto agli editori da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione, come previsto nel d.lgs. 177/2021 entrato in vigore il 12 dicembre 2021, ossia la norma di recepimento della direttiva (UE) 790/2019, c.d. Direttiva Copyright.
L’attività oggetto di attenzione di quanto precede è l’utilizzo online delle c.d. pubblicazioni di carattere giornalistico (per le quali si intendono le opere giornalistiche, ivi incluse eventuali immagini, fotografie e video, che vengono messe a disposizione del pubblico e che vengono pubblicate sotto il controllo, la gestione e la responsabilità di un editore o di un’agenzia di stampa).
La base di calcolo del compenso dovuto agli editori viene quindi identificata nei “ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore”. A tale base di calcolo andrà poi applicata una aliquota, per un valore massimo pari al 70%, in base al peso dei criteri identificati di AGCOM, ossia:
- il numero di consultazioni online delle pubblicazioni;
- la rilevanza dell’editore sul mercato;
- il numero di giornalisti;
- i costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- i costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti tecnologici e infrastrutturali dedicati esclusivamente alla riproduzione e comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- l’adesione ai codici di condotta codici etici e standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking maggiormente riconosciuti;
- gli anni di attività dell’editore.
Il Regolamento prevede poi delle differenze tra quanto dovuto dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa, al fine di rispondere ai diversi aspetti strutturali relativi ai modelli di business ed ai servizi offerti rispetto, ad esempio, ai motori di ricerca. In tal caso, la base di calcolo viene definita sul “fatturato rilevante dell’impresa di media monitoring e rassegne stampa derivante dalle attività comunque connesse a quelle di media monitoring e rassegne stampa”, tenendo conto dei seguenti criteri:
- numero di articoli riprodotti all’interno della rassegna stampa, anche tramite collazione degli articoli o del servizio di media monitoring, nell’anno di riferimento;
- numero effettivo degli utenti finali contrattualizzati per iscritto;
- benefici derivanti dalla rilevanza dell’editore sul mercato di riferimento valutati in relazione agli interessi del contraente;
- numero dei giornalisti, inquadrati ai sensi dei contratti collettivi nazionali di categoria;
- anni di attività dell’editore.
A fronte della entrata in vigore di quanto sopra, sono quindi iniziate una serie di negoziazioni tra gli editori e i grandi utilizzatori, quali Microsoft e Google.
Ai sensi del nuovo Articolo 43-bis della Legge sul diritto d’autore (“LDA”), se le parti coinvolte non dovessero riuscire a trovare un accordo entro 30 giorni dall’inizio dei negoziati, i soggetti interessati potranno chiedere ad AGCOM di supportarli nella definizione dell’equo compenso (che dovrà valutare eventuali proposte delle parti o definire l’equo compenso sulla base dei criteri stabili nel Regolamento).
Ebbene, non tutti gli utilizzatori hanno ben accolto la novità dello scorso anno e il Regolamento.
Meta infatti, si è rivolta al Tar per il Lazio per chiedere “la declaratoria di nullità e/o l’annullamento, anche previa disapplicazione (…) dello stesso art. 43-bis l.a.e (…)” del Regolamento, sostenendo che questo si discosti in modo significativo dalle disposizioni contenute nella c.d. Direttiva Copyright e che “introduce una procedura che consente ad AGCOM di determinare arbitrariamente l’importo dell’equo compenso dovuto dai fornitori di servizi della società dell’informazione (ISSP) agli editori” e che “prevede obblighi onerosi e unilaterali (cioè solo in capo agli ISSP) non previsti a livello UE”. Il Tar per il Lazio ha rimesso la valutazione della predetta questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, disponendo la sospensione dell’esecuzione del Regolamento nelle more del predetto giudizio. Avverso tale sentenza, AGCOM ha proposto appello sostenendo, tra le altre, che il Tar per il Lazio “non ha considerato il pregiudizio che la sospensione degli atti impugnati in primo grado arrecherà a tutti i soggetti che l’art. 15 della direttiva (UE) 2019/790 intende tutelare e che, in assenza del predetto Regolamento, risulterebbero privati dello strumento apprestato nel nostro ordinamento per rendere effettiva quella tutela accordata dalla norma europea”, fermo che “il Regolamento in esame non introduce alcun obbligo di negoziazione in capo ai prestatori di servizi della società dell’informazione, né un obbligo di partecipare alla procedura delineata nel Regolamento stesso, limitandosi a disciplinare un procedimento amministrativo da attivare in caso di mancato accordo tra le parti”. Il Consiglio di Stato ha quindi accolto l’appello di AGCOM, in riforma all’ordinanza cautelare impugnata da quest’ultima, e respinto, di conseguenza, l’istanza cautelare proposta da Meta. Questa decisione riporta quindi in vigore la delibera n. 3/23/CONS e i relativi allegati, consentendo agli editori di negoziare l’equo compenso per l’utilizzo online dei loro contenuti con i fornitori di servizi della società dell’informazione… almeno fino alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea.